IL PREMIO NOBEL ALLA CANZONE D’AUTORE
Erano i tempi in cui il Nobel lo vinceva la crème de la crème degli scrittori e dei poeti di tutto il mondo, che non dovevano essere semplicemente bravi, né semplicemente letti dovunque: dovevano cambiare la storia della cultura internazionale. Carducci, Grazia Deledda, Pirandello, Quasimodo, Montale, Dario Fo, tanto per citare gli italiani, e poi Thomas Mann, Gabriel Garcia Marquez, Herman Hesse, Hemingway, tanto per citare qualche nome a caso del panorama letterario internazionale, hanno dato impulsi notevolissimi al cambiamento del concetto di cultura a tutte le latitudini.
Ed oggi ecco la strabiliante notizia: il Nobel, per la prima volta nella sua storia, va ad un cantautore.
Molte volte si usa il termine rivoluzione, e la maggior parte delle volte questo termine è usato a sproposito. Ma le rivoluzioni non sono quasi mai i proclami che si fanno. Molto più spesso sono quelle cose che hanno il potere di far vedere al resto dell’umanità una nuova prospettiva. E un “semplice” cantante proclamato Premio Nobel per la letteratura il mondo una nuova prospettiva la mostra talmente bene che pare uno schiaffo dato con forza a tutti quei pseudo intellettuali di ogni parte e di ogni tempo che hanno da sempre ritenuto la musica un parente povero di tutte le altre forme d’arte.
Il premio Nobel a Dylan, che porta la seguente motivazione: “Ha creato una nuova poetica espressiva all’interno della grande tradizione canora americana”, significa almeno tre cose.
La prima è che finalmente la musica, per lunghi decenni considerata sottocultura, roba da disadattati e fatta da persone da non frequentare, entra nell’olimpo del più titolato premio culturale mondiale.
La seconda è che i testi delle canzoni, anch’essi un tempo considerati per lo più sovversivi, mai in grado di fotografare il mondo per quello che è, ma per lo più portatori di banalizzazioni della realtà, sono salite al rango di Poesia con la P maiuscola, anzi con tutte e sei le lettere maiuscole.
La terza cosa è quella più rivoluzionaria di tutte. Se un cantante assurge al trono mondiale della letteratura allora questo vuol dire indirettamente anche un’altra cosa: che molti altri poeti musicisti possono essere considerati non più artisti di serie B, ma sono anch’essi rappresentanti legittimi di quel panorama culturale che, tanto per fare un esempio, nel mondo della formazione scolastica è fermo ai Manzoni, ai Leopardi, ai D’Annunzio.
Ebbene, senza nulla togliere ai classici della letteratura italiana, si faccia in modo da introdurre nella scuola e in ogni altro luogo di formazione, senza ulteriori indugi, alcuni dei nostri cantautori più rappresentativi come materie oggetto di studio di letteratura italiana, e mi riferisco ai De Andrè, ai De Gregori, Fossati, Lucio Dalla.
Sto parlando di tutti quei musicisti-poeti in grado di fotografare con una consapevolezza e lucidità assoluta le contraddizioni della società e della storia non solo del nostro paese, e credo che il Nobel ad uno come Bob Dylan abbia polverizzato definitivamente lo stupido confine tra alta e bassa cultura. Grazie alla Commissione di Stoccolma, la Musica e la Poesia possono essere riconosciute come dei fari in grado di indicare con orgoglio la nuova autostrada della cultura a vecchie e nuove generazioni.
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